Musica

Alla ricerca di una nuova nota.

Il pensiero accademico, la liberta’ nel suono delle parole ed il rifiuto complice della ricerca.

 

 L’osservazione iniziale.

Tutti noi, durante l’andamento delle nostre vite, ci troviamo piu’ o meno coscientemente a simpatizzare per le parole che sentiamo e alle quali non riusciamo, da li’ in avanti, a rimanere indifferenti. I punti di vista sulla vita e le decisioni di azione che prendiamo giornalmente nascono inconsapevolmente, spesso da suoni. Suoni delle parole. Funzioni e biologia del cervello.

Una storia

In un bel giorno, nel mio percorso di studio come musicista, ho incrociato una parola che ho considerato da subito molto importante: il termine “Accademia”. Il mio pensiero immediatamente successivo fu di antipatia e di rifiuto. Rifiuto inconsapevole della sonorità piu’ che del significato. Significato che perse rilevanza rispetto al suo immediato suono.

Il sentimento di antipatia verso questa parola mi porto’, senza rendermene conto, a delineare la mia idea sul dove cercare un percorso di studio nella enorme vastità di didattiche musicali esistenti e che, allo stesso modo, potenziasse le mie capacita’ facendomi rimanere coerente alle mie tendenze.

Nel bene e nel male, posso vedere solo adesso di quanto il suono della parola “Accademia” si sia rivelato fondamentale sul mio percorso, come fondamentale poi fu partecipare, frequentare ed abbandonare corsi accademici, rafforzando la mia tendenza al rifiuto, esattamente come il suono mi suggeriva fin dall’inizio.

Queste esperienze mi hanno fatto credere fortemente al fatto che la musica doveva essere qualcosa di piu’ della sua semplice organizzazione, della sua forma. Doveva esserci qualcosa di piu’ profondo in gioco. Nel mio caso, il suono del termine Accademia si era reso piu’ significativo del suo puro significato letterale, catapultandomi in una ricerca.

Una ricerca che mi porta adesso a scrivere queste righe su un pensiero che lancio nell’etere come fossero dei satelliti in rotta verso orbite sconosciute.

La mia critica

Nelle arti ed in particolare nella musica non esistono ideali giusti e sbagliati e non e’ vero che, solamente frequentando l’accademia, si possa essere artisti.

Provo a spiegare meglio.

Penso che il percorso accademico sia adatto ad un periodo di studio di meccaniche artistiche e di arricchimento culturale ma, al contrario, non sia affatto adatto ad un periodo di creativita’ e di realizzazione della propria identita’ musicale. Quell’ identita’ che ci appartiene fin dal primo suono che sentiamo.

Critico il pensiero accademico che trova sfogo nelle regole, nelle “correttezze” e nelle impostazioni saccenti, non ricercando nulla di nuovo ma, al contrario, ricalcando sempre piu’ sul passato e sulle tradizioni e, inoltre, ritengo che l’Accademia sia uno strumento e soprattutto un edificio, in alcuni casi neppure necessario, in cui impariamo la grammatica per comporre e suonare.

La grammatica, e’ infatti studiata dentro il palazzo accademico dove il programma didattico, uguale per tutti, porta alla sua conoscenza teorica.

Nulla toglie pero’, che lo sviluppo e la trasformazione di un pensiero differente da quello accademico vada a raccogliere molte delle informazioni dall’accademia stessa, tra cui la storia passata, anzi, la musica creata durante la storia passata.

Se tendiamo da questa parte, dobbiamo andare a guardare questo periodo ed impararlo; allora studiamo la storia, magari andiamo anche all’accademia e lì notiamo che la maggioranza di noi ci rimane tutta la vita per parlare di come, quando, quale e cosa sia giusto e sbagliato. Ci dividiamo in ideali storici, regolarizzati da terzi e da ottimi maestri imbrigliati in programmi ministerialmente giustificati che ci rendono tecnici e saggi ma che ci limitano, facendoci adagiare in un comodo passato senza, allo stesso tempo, essere spronati in una ricerca di movimento nel presente, rivolta a novita’ e a stili fortemente personali.

La ricerca

Preferisco pensare all’Accademia esclusivamente come strumento e come mezzo per un fine di forma artistica. Strumento utile ma in certi casi non fondamentale, da utilizzare nel momento opportuno per risolvere, per smembrare o, volendo, per riassemblare la nostra musica. Credo che vista cosi’, la parola diventi piu’ un arricchimento che in un limite! Una parola simpatica!

Il rifiuto si trasforma in conoscenza e curiosita’ diventando parte fondamentale della ricerca personale di un pensiero differente senza cadere nel grande limite dell’ignoranza.
Studiare gli artisti del passato, i grandi musicisti e compositori raccontati sui libri, ci insegna di come la loro crescita artistica sia stata vissuta in forma intima, studiando molta grammatica sì, ma, e questo e’ il succo del discorso, puntando tutto sulle proprie idee soggettive e differenziandosi proprio per realizzazioni uniche e fortemente innovative. Nuove. Mai sentite prima.

Nessuno di questi capostipiti ha raggiunto linguaggi artistici universali solamente grazie all’accademia. Alcuni nemmeno sapevano della sua esistenza. Altri sapevano gia’ tutto prima di entrarvici. Altri la utilizzavano come strumento utile e come luogo dove socializzare con altri artisti. Erano loro pero’, che creavano musica “ad arte” e si scoprivano come innovatori ed inventori. Questi signori si chiamano con i soliti nomi che si studiano su i libri in accademia, ma, a loro volta, non sono nominati lì grazie all’accademia. Interessante, no? Questo si puo’ leggere.

Quindi, per dirla tutta, il passato ci insegnerebbe che, se si vuole, serve tutto cio’ che abbiamo intorno a noi, nel presente, per raggiungere la sincerita’ e la personalizzazione del linguaggio musicale. Scendere il piu’ possibile nel profondo delle conoscenze, degli affetti e dei rapporti umani che viviamo giornalmente, delle sensazioni che sentiamo sulla pelle, dei suoni che percepiamo e delle vibrazioni che assorbiamo, non dimenticandoci pero’ di pescare cio’ che ci serve da grammatiche e forme gia’ esistenti. Sviluppare un punto di vista fortemente intimo e personale con tutte le variabili del caso. Rendere sempre piu’ nitida l’immagine di un prato vivo su cui nasce il fiorellino dell’intuizione musicale che viviamo come ispirazione e convincersi che da qui si potranno cogliere idee vitali da sviluppare senza il concetto di giusto o sbagliato.
All’interno di questo discorso, le nozioni accademiche sono diventate uno strumento di necessita’ per poter organizzare al meglio lo stereotipo e lo stile, o anche per arricchire e rendere piu’ fruibile la composizione agli ascoltatori.

Ribadisco che, conoscerle, crea la possibilita’ di usarle ma anche di andarne oltre. Disubbidire alle regole.

L’accademia non e’ fondamentale per il semplice pensiero artistico. La penna con cui scrivo su un foglio, non puo’ creare il pensiero che scrivero’ solamente dopo averlo pensato. E’ un utensile che dobbiamo imparare ad usare per ascoltare e per suonare.

E’ ben visibile e non e’ solo un punto di vista, il fatto che la crescita del numero di accademie nel mondo, sia direttamente proporzionale all’impoverimento di ricerche e di nuove scoperte sonore fruibili agli orecchi degli ascoltatori comuni.

Forse sono questi alcuni dei motivi per cui non compaiono piu’, ormai da diversi decenni, nuove forme musicali che possano ristrutturare la musica attuale verso qualcosa di “nuovo”.

Colpa delle scuole e dei conservatori?

Non credo si possano trovare delle risposte solo focalizzandosi contro le accademie.

Credo che le tante risposte si trovino, invece, rivolgendoci alla nascita dell’intuizione ed a tutta quella scienza che ci spiega cosa accade nel nostro cervello prima dell’immagine a cui il linguaggio da’ un nome.

Certo e’ che, se si considera una composizione che nasce, fin dall’inizio, da un idea di organizzazione grammaticale e di forma e non da un idea di intuizione solo successivamente grammaticabile, la sensazione e’ che le combinazioni siano finite come lo e’ l’alfabeto, come lo sono le lettere dalla A alla Z.

Sento che la grammatica si fa statica e scontata quando e’ intesa come “finita” e uguale per tutti. Si presenta solo come quantita’ di regole sancite da pochi individui eletti che compongono questa o quella scuola di pensiero. Decisa a priori.

La scoperta finale di tutta questa critica propositiva e’ che, senza una ricerca incondizionata verso l’ignoto non si possono scoprire nuovi pianeti in nuove galassie.

Punto di vista dopo la ricerca

Se partiamo dall’idea che il pensiero musicale e’ una vera e propria funzione di linguaggio nel cervello e se seguiamo la tendenza alla ricerca che nasce dal rifiuto per la parola Accademia, stando molto attenti a non annullare proprio quest’ultima, scopriamo che la musica si puo’ intendere davvero come forma sonora di pensiero personale, e mi sento libero nel dire che, al contrario, le combinazioni si trasformano in infinite, al di fuori di ogni schema predefinito, al di fuori della “correttezza”.

E’ l’idea di composizione che nasce direttamente da un’ intuizione, da un sogno o da un’ immagine sensoriale che ci travolge, da un ricordo, e’ quella che dovremmo considerare piu’ importante per essere semplicemente sinceri e, qualsiasi sara’ la sua forma, almeno rispecchiera’ noi stessi.

Si capisce bene che non sia facile trovare la propria posizione, il proprio laghetto dove poter nuotare tra le Muse ma, alla fine, ognuno di noi sara’ attratto verso un pensiero proprio, o meglio verso un proprio “stile di vita” musicale, che forse sara’ piu’ o meno avvicinabile a stereotipi o stili ma che, comunque sia, sara’ fortemente soggettivo, ne’ giusto ne’ tantomeno sbagliato.

In conclusione, la speranza

In quanto linguaggio, avvicinare la musica ed i suoni alle relative parole, mi fa pensare al fatto che i dizionari vengono aggiornati quasi ogni anno con terminologie nuove che esprimono nuovi significati ed e’ curioso, nel frattempo, scovare libri di scrittori che usano forme innovative forse ricercando il modo di tradurre su carta nuove modalita’ di pensiero e di espressione.

Mi piace pensare che saranno loro che prima o poi faranno comparire una nuova lettera essenziale per una nuova parola che esprimera’ un nuovo significato di un nuovo un pensiero cn la sua relativa nuova sonorita’.

Mi piace ancor di piu pensare che qualche musicista, tendente a cercare oltre il pensiero accademico e oltre le ovvieta’ del mercato delle canzoni, stia gia’ coltivando una nota NUOVA che fara’ parte di una frase NUOVA e che dara’ il suono ad una musica NUOVA…..e chissa’ in quale parte del mondo comparira’!!!

Matteo Breschi

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