LA POSTURA DEL BATTERISTA MODERNO

 

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L’importanza dei movimenti e di come sediamo sulla batteria.

Questo tema sta finalmente prendendo sempre piu’ spazio all’interno della didattica specifica rivolta al batterista moderno.
Troppo spesso data per scontata, l’attenta postura sullo strumento può evitare che un allievo poco a suo agio abbia vita difficile nell’andare avanti nella propria crescita strumentale, sonora e fisica.

L’ignoranza su questi argomenti crea dei dubbi a tanti di noi batteristi!!!

Con questo articolo vorrei fondare ancor di piu’ l’importanza del mondo dei movimenti “corretti” sul set ed insistere sulla sua fondatezza.

Se osserviamo attentamente i batteristi moderni piu’ influenti al mondo come per esempio Vinnie Colaiuta, Steve Gadd, Dave Weckl, Gavin Harrison, Peter Erskine, e altri ancora, dobiamo far caso al fatto che questi mostri, ossessionati costruttivamente dalla loro ricerca sullo strumento, vanno a sviscerare e di conseguenza a migliorare proprio quegli aspetti che portano il nostro fisico a rapportarsi con lo strumento. Aspetti troppo spesso dati per scontato.
La postura della schiena, l’altezza dello sgabello, la distanza dai pedali e dai tamburi, i movimenti di frusta degli arti superiori, il respiro e la voce, chimato anche il “quinto arto”, diventano argomenti essenziali anche per la crescita della percezione musicale e psichica.
Dobbiamo per forza osservare che questi artisti sfruttano e studiano le leggi della fisica in relazione alla sensazione. Con quelle nozioni, abbattere i limiti della tecnica, della velocita’ e del groove non sembra più utopia.

La forte attenzione sui movimenti rende possibile la crescita percettiva, fa sviluppare la musicalita’ dei principianti molto piu’ velocemente, evita fastidi e dolori muscolari come mal di schiena, mal di testa, tendiniti  e sopprattutto aumenta consistentemente lo stare a proprio agio nel rapporto con la batteria.

Insomma,  sembra poco?

In questa prima fase cerchero’ di raccontare con l’aiuto di semplici esempi visivi la mia esperienza del “posizionamento iniziale sul set” al quale dedico molta attenzione nella didattica con gli allievi di qualsiasi livello.

 Mettiamoci seduti dietro alla nostra bellissima batteria, e cerchiamo di pensare, osservare e partire con il giusto approccio, senza paure, attriti o tensioni.
Se abbiamo uno specchio, usiamolo solo all’inizio, poi rompiamolo! Sarebbe meglio imparare il prima possibile a fidarsi dalla nostra identità, quindi, se vi piace suonare usando una tecnica matched al contrario di una tecnica traditional, fatelo! Se siete mancini e volete suonare come un destro, fatelo! Ma andate fino in fondo!

Studiamo a velocita’ medio/lenta (meglio lenta) per ascoltare tutte sensazioni che scorrono sulla pelle cercando di sentire e controllare i movimenti che, inizialmente dovranno essere ampi, rilassati e lenti. Dobbiamo insegnare al nostro cervello che, dopo un periodo di esercitazione, sarà pronto a metabolizzare e a renderli più naturali, immediati.

Senza dubbio ognuno di noi ha gli arti di lunghezza e mobilita’ diversa. Possono esserci persone, che hanno una immagine interiore che rispecchia perfettamente i movimenti di cui parliamo oppure altri che riescono facilmente ad emulare cio’ che vedono e sentono. Sembra che i “neuroni a specchio” siano una scoperta di questo secolo e forse anche per questo fa molto bene guardare i video dei batteristi che ammiriamo.

Il posizionamento iniziale sul set

Non e’ mai buono avvicinarsi troppo al set o restarne troppo lontani. Esistono dei modi che facilmente possono guidarci.

 1– Inizialmente distanti dallo strumento, sediamoci sullo sgabello e posizioniamo la sua altezza in modo che la nostra gamba sia all’incirca parallela al terreno. Sediamoci “in punta” allo sgabello per avere le gambe piu’ libere nel muoversi e a questo punto, con gli arti inferiori completamente rilassati (il linguine e’ un ottimo punto su cui far attenzione: la massima rilassatezza e’ fondamentale), facciamo dei saltelli con la punta dei piedi usando solamente le caviglie e rilassando tutto il resto del corpo. Noteremo che i nostri piedi tenderanno ad avvicinarsi o ad allontanasi da noi; se si avvicinano vuol dire che siamo troppo bassi e se si allontanano vuol dire che siamo troppo alti. Troviamo un punto di compromesso per favorirci la comodità.

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2– Avviciniamoci alla batteria e mettiamo i piedi con i tacchi appoggiati sulle pedane dei due pedali. Cerchiamo la distanza della nostra seduta dalla cassa in modo da far formare, all’altezza del ginocchio, un angolo vicino ai 90gradi o leggermente superiore; noteremo che la nostra caviglia, da sfruttare per dare dei colpi rilassati, e’ libera di muoversi agevolmente in modo ampio.
Il pedale del charleston invece, puo’ essere avvicinato al punto in cui sediamo, anche perche’ il suo movimento di apertura/chiusura verra’ fatto con la punta del piede e con il tacco alzato (come per schiacciare qualcosa in un angolo).
A questo punto il nostro baricentro sara’ in una buona condizione per renderci il piu’ agili possibile.

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Questa e’ l’idea di una posizione di partenza che, variera’ un po’ piu’ in alto o un po’ piu’ basso a seconda della comodita’ del soggetto.
C’e’ da considerare che per chi suona rock e generi simili avrà la tendenza a stare piu’ basso sullo sgabello, contrariamente a chi suona jazz che, spesso e volentieri, predilige una posizione piu’ alta.

 

A questo punto spostiamo l’attenzione sugli arti superiori

3– Impugnamo le bacchette (in questo esempio matched) mantenendo un fulcro saldissimo con il dito pollice ed il dito indice mentre il resto delle dita abbraccia la bacchetta restante. Facciamo in modo di “ascoltare” il dito medio, questo vi restituira’ immediatamente l’idea che la bacchetta e’, con il giusto compromesso, il prolungamento del nostro braccio.

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4– Rilassiamo completamente le braccia lungo i nostri fianchi, sempre tenendo le bacchette impugnate le quali punte, adesso, guarderanno il pavimento. Ora, rilassando sempre le spalle, alziamo solamente l’avambraccio e mettiamo le punte delle bacchette al centro del rullante; a questo punto possiamo calcolare la giusta altezza e distanza del rullante rispetto alla nostra seduta. L’avanbraccio dovrebbe essere all’incirca parallelo al terreno ed il nostro gomito dovrebbe rimanere in asse con il busto.

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Nel momento in cui teniamo le punte ben al centro del rullante, il gomito non dovrebbe spostarsi ne in avanti, ne in dietro, ma, se cosi’ fosse, sarebbe la riprova per capire se siamo troppo vicini al set oppure troppo lontani.

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Spesso e volentieri, chi inizia a suonare la batteria da molto piccolo, tendera’ a tenere il gomito un pò dietro l’asse dei fianchi del busto rischiando tensioni.

5– Posizioniamo la spalla della bacchetta sul charleston e, anche qui, cerchiamo di mantenere la parallelita’ tra il terreno e il nostro avambraccio senza angoli inutili dei polsi e, come a pensare che la bacchetta sia la prosecuzione del nostro braccio, andiamo ad alzare o abbassare l’altezza dell’asta fino a che non ci sentiamo bene a nostro agio.
Per suonare correttamente il charleston e’ molto utile imparare a muovere bene il braccio evitando di fidarsi troppo del polso, soprattutto in groove solidi e potenti, di tipo rock, pop, a velocita’ medio lente.

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6– Posizioniamo il resto del set di conseguenza. Il numero di tom e i timpani e’ indifferente e deve seguire il nostro gusto, basta che siano raggiungibili comodamente e velocemente, evitando eccessive rotazioni del busto.
La solita cosa vale anche per i piatti ma, in piu’, e’ buona cosa provare a metterli in modo che non sovrastino i tamburi, fuori dal perimetro del fusto. Quest’ ultimo punto può diventare essenziale in fase di registrazione in studio per evitare rientri nei microfoni.

Ora pero’, iniziamo a suonare!!!

Non aggiungo altro a questo articolo, spero tanto che serva a chiarire alcuni aspetti, solamente iniziali, del rapporto fisico e psicologico con la batteria.
Scrivero’ prossimamente altri articoli.
Credo che focalizzare l’attenzione sui dettagli puo’ farci scoprire sensi inaspettati e puo’ portare un giovane appassionato e curioso a non poter far piu’ a meno della musica.

Per tutto quello che riguarda i movimenti e la loro importanza, ringrazio affettuosamente e sinceramente Ettore Mancini che, con la sua influenza ed esperienza, mi ha dato la possibilita’ di essere qui a scrivere la continuazione di questa mia personale ricerca.

Matteo Breschi