Musica e scintille nel sottosuolo

Movimenti nel rapporto tra Agenzie e Musicisti

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Alcuni tranelli nel lavoro di musicista e come tentare di arginarli.

Premetto che, con il termine “Agenzie”, generalizzo su persone addette alla parte gestionale, manageriale e produttiva del settore professionale musicale.
In questo articolo intendo prendere in considerazione alcuni modi di agire di alcuni personaggi, non certo onesti, dalla visione consumistica e speculativa, che si aggirano in modo sporco nel nostro settore.
Restare distaccati guardando con occhi critici e curiosi il rapporto tra Agenzie e Musicisti puo’ diventare molto divertente ed interessante.
Scrivo considerando le mie esperienze di musicista e considerando quelle di colleghi ed amici sparsi per l’Italia.

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Agenzie e Musicisti

Come tutti pensiamo, lo scopo delle Agenzie manageriali e di produzione musicale dovrebbe essere quello di collaborare con l’artista, appoggiando lo sviluppo personale della sua creativita’, quello di divulgare le sue opere e di venderle, quello di accrescere la credibilita’ dell’artista e delle sue composizioni,  di far sviluppare al massimo le sue potenzialita’, quello di guadagnare grazie alle sue idee ed innestarle nel giusto canale mediatico. E qui mi fermo.
Come tutti pensiamo, lo scopo per un Musicista, per un autore o per una band e’ quello di emergere per musicalita’, tecnica, creativita’, qualita’ e liberta’, a volte solamente esprimersi come sa. Spesso, pero’, ignorare tecniche divulgative e manageriali, lo rende indifeso davanti al mondo del lavoro ed alle sue regole.
Musicisti e compositori si trovano, ora, ma, gia’ da molti anni, a dover apprendere tutto quello che concerne la parte piu’ gestionale e burocratica, per difendersi da un sistema economico e speculativo che nel mondo della  musica trova un comodo e protetto nido illegale.

Perche’ protetto?

Protetto, perche’ le amministrazioni statali e locali non hanno ancora pensato a regolamentare nei moltissimi dettagli la professione di musicista, nè con censimenti, nè con sindacati regolari, nè con leggi specifiche. Per esempio, se esistono in Italia partite iva con dicitura “musicista” o “artista” o casse previdenziali dedicate, personalmente non ne ho trovate. Per non parlare dell’ignoranza dei commercialisti sull’argomento, ai tanti sconosciuto, che permette solo lo sviluppo e il continuo incremento di adesioni ad associazioni artistiche di servizio, che dovrebbero prendersi cura della gestione burocratica, quali contributi ex- enpals (Inps) e tasse varie, che l’artista dovrebbe versare ad ogni concerto retribuito e non. Tutto cio’, comunque, obbliga, ovviamente, a pagare un extra per queste cunsulenze e per ottenere una tutela minima, veramente minima.
Non voglio assolutamente aprire la pagina delle irregolarita’ nelle gestioni dei locali per non affrontare un discorso di mafia e di illegalita’ alla luce del giorno. Andrei fuori tema facilmente.

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Cosa succede oggi in Italia?

Dobbiamo renderci conto ormai che entrambi i settori, quello legato alla parte creativa e quello legato alla parte legale-burocratico-economica e marketing, che provocatoriamente ho chiamato Agenzie,  sono obbligati a lavorare insieme e a creare un progetto mediatico, economico e divulgativo relativo alla potenzialita’ dell’opera.
E qui nasce un dramma, perche’ fino a che queste considerazioni le facciamo su delle produzioni serie, oneste, al top, e’ un conto, ma se dobbiamo addentrarci in tutto quello che capita nel cosiddetto sottosuolo musicale italiano, dobbiamo cercare di aguzzare le orecchie per non farci decisamente fregare.
Per quanto riguarda il panorama attuale, si nota sempre di piu’ la limitata attivita’ di locali e festival di alta influenza culturale,  ciò, di conseguenza, fa aumentare sempre più il potere di radio e televisioni politicamente schierate, che, puntando sull’immediatezza, sulla superficialita’  e sulla facilita’ di ascolto nei propri palinsesti, bloccano lo sviluppo della ricerca di qualita’. Nella gia’ impoverita corsa consumistica rischiamo di perdere ottimi artisti, che non riescono a essere padroni della propria carriera fuori dalla loro nuvola creativa.
Proprio loro, esattamente come  i giovani cultori ed emulatori di trasmissioni tipo “Amici” o “X-factor”,  sono le “voci bianche”, cercate ed ambite spregiudicamente da certe Agenzie di produzioni che, forti delle proprie conoscenze in merito, indeboliscono l’artista per la sua ignoranza ad un mondo a lui non congeniale e ne sfruttano talento e repertorio.
Repertorio inedito, tanto ambito, che, spesso e volentieri, finisce in enormi database o hard disk polverosi e mai piu’ ascoltati, nascosti in angoli bui di lussuosi studi di registrazione.
Questo e’ accaduto a tante persone che si fanno ancora delle domande a proposito.

Perche’ questo fenomeno? Sembra insensato ma…

L’artista, restando fermo alcuni anni sotto contratto, porta comunque vari quadagni alle Agenzie,
infatti esse possono sicuramente comprare la concorrenza di gruppi gia’ blasonati e non farla emergere, lo hanno fatto addirittura Elvis e Bob Marley, oppure possono appropriarsi dei repertori e dei diritti d’autore da destinare ad altri artisti piu’ blasonati su cui puntare, che possono portare introiti senza rischi.
Stiamo attenti, perche’ spesso e volentieri nel periodo di contratto si notifica che tutte le composizioni, nate nell’arco del periodo citato, appartengono alla casa di produzione e quindi non sono pubblicabili in futuro se non dalla stessa, previa clausula con dannose ripercussioni economiche.
Queste sono solo alcune delle tante voragini nelle quali può finire la carriera di un artista.
Se c’e’ un buon modo per evitare alcune brutte situazioni, sicuramente e’ quello di documentarsi il piu’ possibile per capire i dettagli di quello che è il nostro lavoro.

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Alcuni esempi…

Una situazione frequente, che ho notato, è una modalità di comportamento, nata negli studi di registrazione medio/grandi di nicchia stilistica, e troppo spesso in recessione, che si rivolgono agli artisti del loro specifico stile dichiarandosi produttori indipendenti.
In questo tipo di rapporto, infatti, ci troviamo come band o come artista singolo a rivolgersi ad uno studio di registrazione, al quale chiediamo di registrare una demo o un nostro progetto inedito per intero. A questo punto  il titolare inizia una lunga sequela di proposte, troppe.
Ci dice che, se vogliamo, possiamo, invece che registrare normalmente, avere un prodotto molto piu’ curato, facendo una vera e propria produzione, che costa diverse migliaia di euro, che durera’ anni, ma che, forse, potrebbe dare un miglior risultato, anche grazie all’impegno dello studio, per un miglior arrangiamento, per una divulgazione maggiore, e magari anche in cambio di una parte dei diritti d’autore, di diversi soldi, senza nessuna scrittura legale certificata, sulla fiducia.
In una situazione del genere si assottiglia tremendamente la linea tra la cosa giusta e la bella fregatura.
Per la band diventa una vera e propria scommessa a pagamento, che potrebbe farle buttar via soldi e alcuni brani.
Tutto questo, inoltre, può facilmente indurre stravolgimenti nell’identità di un inesperto gruppo in crescita, cosa che non sempre aiuta, anzi;  per non parlare del risultato che potrebbe non essere quello desiderato, con prevedibili litigi ed invidie tra gli elementi del gruppo. Una situazione catastrofica.

La responsabilita’ del musicista e la scommessa della vera co-produzione…

Alla base di questo errore di navigazione entra in gioco il fatto che una band ambiziosa dovrebbe puntare sulle proprie ricerche e sulla propria identita’, oltre ad  essere dignitosamente consapevole che se le idee al momento non ci sono, non si possono comprare, ma si deve aumentare la ricerca, per crescere sul serio nel sound, nella performance, nella credibilità e nell’unione d’intenti.
Se uno studio è interessato al nostro sound, sara’ il produttore stesso a farsi vivo e proporra’ ,semmai, un costo minore rispetto ad una normale registrazione. Sapete perchè?
Perchè ha voglia di lavorare, di investire e di imparare con voi e da voi! Nella musica, in tutte le sue sfumature, c’è sempre qualcosa da imparare o da conoscere più profondamente. Sembra utopico ma esistono ancora persone che la vedono cosi’, personalmente ne ho la certezza.
Sarebbe meglio parlare di compromessi o, più precisamente, di un lavoro in co-produzione, ancora piu’ precisamente: ” io metto lo studio e tu la musica, mettiamo insieme le idee e le spese ed i guadagni sono divisi in percentuale”. Si può anche decidere di spendere molti soldi, volendo, ma non si dovrebbe mai contrattare con i diritti d’autore o fantomatiche royalty, perche’ spetterebbe all’editore ed agli avvocati.
Se proprio si vuole, paghiamo una produzione di ottimo livello con cui lavorare seriamente  sul progetto, definendo in modo trasparente la strada da seguire insieme, ma sempre e solo dopo una esauriente documentazione…ma, chissa’…
Invece, un altro sistema interessante puo’ essere, se siamo dei tipi molto convinti e radicali sulle nostre composizioni, di rivolgersi ad un ufficio stampa professionale a cui far gestire solamente la parte divulgativa.
I parti musicali degli artisti non dovrebbero chiamarsi “prodotto”, non sono merce dei mercanti, che su qualsiasi problema o discussione in corso vi risponderanno: ” siete voi che siete venuti a cercarci, che avete bisogno di noi”…ecco, in questo caso alziamoci e andiamocene, da signori, senza ripensamenti. In caso contrario le ripercussioni potrebbero essere gravi ed impreviste.

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In conclusione, la nostra ricerca…

Conoscere piu’ attentamente questi aspetti, puo’ permetterci di incontrare e rivolgerci solo a persone che sono veramente interessate alla nostra musica, con le quali condividiamo principi etici e sacrifici, che non “piangono soldi”, persone che si rapportano sinceramente e senza pregiudizi stilistici, perche’ il razzismo stilistico e’ un muro e non porta alla ricerca ed alla scoperta. Adesso dobbiamo scoprire continuamente nuove forme e colori e non possiamo farlo alzando barriere stilistiche, come non possiamo immaginarci un mondo leggero e musicale senza godere della vista di tutti i colori della pelle.
Ho voluto pubblicare questo articolo, per spronare tutti coloro che amano la musica e questo lavoro, perchè sono sicuro che studiare, ricercare e divulgare l’argomento sia nostro dovere per la tutela del nostro futuro. Sembriamo spesso invisibili alle decisioni di istituzioni statali e locali, che su di noi guadagnano troppo, senza far caso al nostro benessere nel sociale ed a quello che induciamo in chi ci ascolta.
Che ci Ami o che ci Odi.

Matteo Breschi

 

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